L’infezione urogenitale da Chlamydia trachomatis rimane diffusa e provoca morbilità riproduttiva sostanziale.
Studi recenti hanno sollevato preoccupazioni circa l'efficacia della Azitromicina per il trattamento della infezione da Chlamydia.
È stato condotto uno studio randomizzato di confronto tra Azitromicina orale e Doxiciclina per il trattamento della infezione urogenitale da Chlamydia tra gli adolescenti in Istituti penitenziari giovanili per valutare la non-inferiorità di Azitromicina ( 1 g in una dose ) rispetto a Doxiciclina ( 100 mg due volte al giorno per 7 giorni ).
Il trattamento è stato osservato in modo diretto.
L'endpoint primario era il fallimento del trattamento 28 giorni dopo l'inizio, con il fallimento determinato sulla base di test di amplificazione dell'acido nucleico, storia sessuale, e genotipizzazione della proteina A della membrana esterna ( OmpA ) di ceppi di Chlamydia trachomatis.
Tra i 567 partecipanti iscritti, 284 sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Azitromicina e 283 sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Doxiciclina.
In totale 155 partecipanti in ciascun gruppo di trattamento ( 65% maschi ) hanno costituito la popolazione per-protocollo.
Non ci sono stati fallimenti terapeutici nel gruppo Doxiciclina.
Nel gruppo Azitromicina, il fallimento del trattamento si è verificato in 5 partecipanti ( 3.2% ).
La differenza osservata nei tassi di fallimento tra i gruppi di trattamento è stata di 3.2 punti percentuali, con un limite superiore dell'intervallo di confidenza del 90% di 5.9 punti percentuali, che ha superato il cutoff pre-specificato assoluto di 5 punti percentuali per stabilire la non-inferiorità dell’Azitromicina.
In conclusione, nel contesto di una popolazione chiusa che ha ricevuto un trattamento direttamente osservato per l’infezione urogenitale da Chlamydia, l'efficacia dell’Azitromicina è stata del 97% e l'efficacia della Doxiciclina è stata del 100%.
La non-inferiorità di Azitromicina non è stata stabilita in questa situazione. ( Xagena2015 )
Geisler WM et al, N Engl J Med 2015; 373: 2512-2521
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