Presso l’Harvard Medical School è stato compiuto uno studio al fine di esaminare se i biomarcatori plasmatici per la fibrosi potessero identificare con una certa accuratezza lo stadio della malattia epatica tra i pazienti con coinfezione da virus dell’epatite C ( HCV ) e da virus dell’immunodeficienza umana ( HIV ).
Un totale di 137 pazienti con coinfezione da HCV e HIV sono stati arruolati in modo random dalla coorte della Johns Hopkins HIV Clinic.
Novantacinque partecipanti hanno completato il test per i marcatori della fibrosi nei campioni di siero ottenuti al tempo della biopsia epatica.
Ai campioni bioptici sono stati assegnati dei punteggi in accordo con l’indice di Ishak modificato dell’attività istologica ( da F0 = assenza di fibrosi, a F6 = cirrosi ).
Il 73% ( n = 69 ) non ha riportato fibrosi portale ( F0-2 ) ed è stato posto a confronto con i rimanenti individui ( F3-6 ).
Punteggi della fibrosi pari o superiori a F3 sono stato riscontrati 27 volte più spesso nelle persone con livelli di acido ialuronico superiori a 86ng/ml e 5.5 volte più spesso nelle persone con livelli di acido ialuronico compresi tra 41 ed 86ng/ml.
Associazioni meno importanti sono state osservate con i livelli di albumina inferiori a 3.5g/dl ( odds ratio, OR = 4.85 ) e di aspartato aminotransferasi ( AST ) superiori a 60iu ( OR = 5.91 ).
I dati di questo studio indicano che tra i pazienti con coinfezione HIV-HCV, l’esame sierologico per l’acido ialuronico, l’albumina e l’aspartato aminotransferasi ( indice SHASTA ) è stato in grado di stadiare in modo accurato la fibrosi lieve ed avanzata.( Xagena2005 )
Kelleher TB et al, J Hepatol 2005; 43: 78-84
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